Metalitalia su Materioteca 08

Metalitalia apprezza il lavoro strumentale ma la pronuncia di Paolo Guerra “rende il lavoro maledettamente provinciale”

Nati nel 2005, i Wood of Light giungono oggi alla seconda prova in studio con “Materioteca 08“, un anno dopo il debutto “Materioteca 07“. Fautori di un progressive metal abbastanza canonico, i cinque ragazzi di Treviso sembrano voler focalizzare la propria attenzione su una ricerca spasmodica dell’originalità, che tuttavia li porta come prevedibile nei paraggi dei soliti Dream Theater, una delle band più influenti della nuova scena.
L’opener “ProjecT.I.C.“, con il suo incedere ritmico di chitarre ed i suoi ricercati suoni di tastiere, richiama da vicino le sonorità di “Awake”, capolavoro della già citata band di Portnoy & Co. Ma non appena il cantante Paolo Guerra apre bocca ci troviamo al cospetto del solito dramma che affligge il 90% dei gruppi italiani: la pronuncia dell’inglese! Per quanto ci riguarda, una mancanza del genere basterebbe a cassare il lavoro come “non classificabile”, perché così facendo non solo si rende il lavoro maledettamente provinciale, e quindi assolutamente non esportabile all’estero, ma addirittura il tutto diventa fastidioso anche entro i patrii confini, specialmente per chi ha il vizio di prestare la benché minima attenzione a ciò che una band ha da dire.
Meglio a questo proposito la successiva “Dyingasping For Breath“, strumentale graziata da un ottimo lavoro di Osvaldo Indriolo alle tastiere e del batterista Martino Vittori, in cui la breve e stentorea recitazione di un paio di versi contribuisce a generare una atmosfera sufficientemente evocativa.
Chiude “00.74 AM (The Secret)“, un pezzo sicuramente variegato, che con qualche attenzione in più alle ritmiche di chitarra (e come sempre alla voce) avrebbe potuto regalare alla band e ai suoi ascoltatori qualche soddisfazione in più.
A conti fatti, quindi, non ci sentiamo di valutare questo lavoro al di sopra di un cinque e mezzo, considerando anche la amatoriale qualità della registrazione delle chitarre, a differenza del godibile sound di tastiere e batteria. Cogliamo l’occasione per ringraziare la band, che a differenza di molte altre fastidiosamente prolisse, ci ha risparmiato di dover recensire un demo composto di dodici pezzi. Perché la qualità di una band è perfettamente intellegibile dopo pochi minuti.
A cura di Raffaele “Salo” Salomoni.

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